Oggi il PD si è letteralmente spezzato in due e il segretario sembra aver perso il timone del partito.
Che Rodotà fosse un nome migliore rispetto a Marini si intuiva, che la base non volesse il compromesso con Berlusconi per un governo di larghe intese pure, ma evidentemente non si pensava che la spaccatura potesse essere così profonda. Eppure i segnali c’erano tutti: Renzi aveva respinto la candidatura di Marini, “i giovani turchi” (i giovani del PD fedeli a Bersani) pure, il M5S neanche a parlarne e aggiungendo il no di Sel il destino pareva scontato.
Cosa fare ora?
Per Grillo la situazione è molto comoda, ora il nome di Marini è “bruciato” e non può altro che perdere voti da qua in poi, mentre Rodotà non può che guadagnarne. Usciti dalle prime tre votazioni (dove vige la maggioranza dei 2/3), la soglia di eleggibilità si abbasserà al 50%+1 e allora avrebbe grandissime chance di diventare il prossimo Presidente della Repubblica.
Il PDL sembra tagliato fuori dai giochi a favore dell’asse PD-5stelle (come accaduto finora).
Bersani dal canto suo può lasciar andare la barca alla deriva, il che lo porterebbe a delle probabili dimissioni da segretario del partito. Oppure potrebbe cercare di evitare l’inevitabile e riprendere il pallino del gioco proponendo un nome diverso da Rodotà, che possa piacere ai grillini e che allo stesso tempo rientri nella sfera dei democratici e non in quella del movimento. Il nome è quello di Prodi.